Le genti del mondo più primitive hanno pochi possessi, ma non sono povere. Povertà non è certo una piccola quantità di merci, non è solo un rapporto tra mezzi e fini; soprattutto è un rapporto tra persone. La povertà è una condizione sociale, come tale è l'invenzione della civiltà.
Ogiek, un popolo indigeno che vive principalmente nella foresta Mau del Kenya a nord ovest di Nairobi tra Nakuru e Narok, una superficie di 900 chilometri quadrati, e nelle foreste del Monte Elgon al confine con l'Uganda, sta lottando per rimanere nella sua patria ancestrale. Le foreste Mau sono il più grande blocco rimanente delle foreste umide indigene in Africa orientale.
L'ex governo tentò di cacciarli dalle foreste, presumibilmente per proteggere l'ambiente. Gli Ogiek non solo non minacciano l'ambiente, ma sono in realtà i guardiani di queste foreste da tempo immemorabile.
Gli Ogiek sono cacciatori-raccoglitori: alcuni vivono nel cuore della foresta sostentandosi soltanto di caccia e raccolta, mentre la maggior parte coltiva anche ortaggi e alleva qualche animale.
Tradizionalmente gli Ogiek cacciavano animali come antilopi e cinghiali, ma oggi non lo possono più fare, perché illegale.
Raccolgono non soltanto piante selvatiche ma anche miele da alveari che fanno crescere in tronchi vuoti collocati sui rami alti degli alberi della foresta.
Sulle pendici della montagna, ad altezze differenti, gli alberi fioriscono in stagioni diverse permettendo a questo popolo di raccogliere miele durante tutto il corso dell’anno.
Il miele, che ha un sapore che varia in base al periodo e alla stagione in cui è stato raccolto, gioca un ruolo centrale nella società ogiek: viene per esempio utilizzato come alimento, per la
preparazione della birra e anche come merce di scambio con i popoli vicini, fuori dalla foresta.
Le autorità hanno cercato di sfrattare gli Ogiek dalla loro foresta ancestrale sin dall’epoca coloniale, solitamente con il pretesto che essi la stessero degradando.
Ma quando gli Ogiek vengono espulsi, la loro foresta perde i suoi migliori custodi e comincia ad essere sfruttata per il taglio e il trasporto del legname e per le piantagioni di tè – alcune
delle quali sono addirittura di proprietà dei funzionari governativi.
Gli Ogiek hanno fatto numerose affermazioni contro il governo del Kenya relative al trattamento ingiusto, soprattutto che sono stati illegalmente espropriati delle loro terre. La Timsales Ltd,
società keniota di produzione del legno, è attiva nella deforestazione nella zona da molto tempo ed è in parte di proprietà di parenti degli ex presidenti Kenyatta (Jomo) e Moi.
In alcune zone della foresta di Mau, alcuni gruppi di Ogiek resistono allo sfratto, mentre in altre assistono con preoccupazione all’arrivo incessante dei coloni.
La minaccia più seria che oggi gli Ogiek devono affrontare viene da un progetto governativo che si prefigge di aprire agli estranei un decimo delle foreste del Kenya, soprattutto la foresta di
Mau.
Se dovesse accadere, nella terra di questo popolo arriveranno altri colonizzatori, disboscatori e coltivatori di tè.
Se la foresta fosse ceduta a coloni e uomini d’affari, verrebbe certamente distrutta e gli Ogiek perderebbero non solo la loro terra ma anche le loro possibilità di sostentamento.
Quelli più desiderosi di vedere gli Ogiek sfrattati, a parte il
governo keniota, sono le potenti compagnie del legname. La foresta di Mau è una zona protetta in cui ci sono molti alberi di pregio. Il governo del Kenya non solo ha permesso il disboscamento, ma
ha anche venduto alcuni dei territori protetti, il che è illegale.
Gli Ogiek affermano che i sistemi di gestione forestale tradizionale devono essere incorporati nei criteri di gestione delle foreste di Mau. Sostengono che la distruzione delle foreste trae
origine già dal 1930 dalla raccolta del legname, dall'agricoltura, dalle piantagioni commerciali e dal pascolo fatto da estranei alle tribù locali, e ciò costituisce una vera e propria "minaccia
ambientale" che influisce sulla integrità delle aree forestali rimaste inalterate. Sino ad allora la foresta era rimasta intatta sotto la gestione di circa 20 mila Ogiek.
Nel 1943, il governo ha introdotto il sistema Shamba per facilitare le piantagioni industriali (come la ben nota azieda Del Monte) e la produzione di cibo per le popolazioni locali. Il
governo, sordo ad ogni proposta per una forma alternativa di gestione delle foreste, e con l'unico scopo di imporre uno sfratto a fronte di lauti guadagni, incolpa gli Ogiek di essere loro stessi
una "minaccia ambientale", anche se non ha mai saputo indicare quale tipo di minaccia rappresentassero. Queste persone infatti non vanno a caccia delle specie in via di estinzione, praticano la
raccolta del miele e seguono uno stile di vita sostenibile per l'ecosistema forestale locale.
Purtroppo, già oltre 46.000 ettari sono stati eliminati per convertire la foresta a terra per usi alternativi. L'impatto della conseguente massiccia deforestazione ha già avuto un impatto enorme sulle risorse idriche e l'essiccazione dei pozzi. Le risorse naturali del Mau Forest sono essenziali per la vita degli Ogiek. L'acqua, necessaria alla vita, è la maggior risorsa della popolazione del Kenya e si trova nel bacino del Lago Vittoria. Questa regione è attraversata dai grandi fiumi che scorrono dal Mau Complex, la più grande foresta del Kenya, che copre circa 400.000 ettari e si trova tra i 2.000 metri e 2.600 m sopra il livello del mare, a circa 250 km da Nairobi e dalla frontiera.
8 aprile 2010 - Malviventi e agenti di polizia in
borghese stanno distruggendo le case degli Ogiek, nella foresta del Mau, in Kenya, lasciando intere famiglie sul lastrico.
Alcune case sono state ridotte in cenere; altre sono state fatte a pezzi con motoseghe e machete.
Gli attacchi che hanno interessato la zona del Ngongori all’interno della foresta di Mau, sono iniziati la settimana scorsa mentre la maggior parte degli uomini della tribù stava assistendo a un
funerale a diversi chilometri di distanza.
Gli sfrattati ritengono che gli attacchi siano stati organizzati dai potenti proprietari terrieri dell’area, che mirano ad espandere le loro coltivazioni di grano. A Ngongori ormai rimane
pochissima foresta, poiché la maggior parte è stata abbattuta per lasciare spazio alle attività agricole e all’allevamento.
I malviventi sono tornati ieri e hanno ripreso gli attacchi. Un uomo Ogiek, Kiplangat Cheruyot, ha raccontato che “tutti piangevano e i bambini scappavano.”
Non è la prima volta che agli Ogiek – che non hanno un titolo ufficiale di proprietà della terra, ma che vivono lì da generazioni – viene intimato di andarsene. “Hanno cominciato a fare così
molto tempo fa; distruggono le case non appena noi le ricostruiamo” raccontano gli Ogiek.
Gli Ogiek sono considerati occupanti nelle loro stesse terre e vivono stretti in mezzo a proprietà altrui, a causa di un disastroso piano di assegnazione territoriale effettuato negli anni '90
che ha permesso a individui corrotti di acquisire grandi tratti della foresta di Mau.
Il piano ha facilitato la completa distruzione della maggior parte della foresta, un errore che il governo del Kenya sta ora cercando di correggere con un progetto di rimboschimento. Ma gli
Ogiek, che sono gli abitanti nativi della Foresta Mau, non sono stati opportunamente inclusi in questo progetto di recupero. Poiché la maggior parte non ha mai ricevuto i titoli di proprietà
della terra, in molti temono che verranno penalizzati poiché vivono in una foresta che altri hanno già praticamente distrutto.
15 marzo 2013 - Il Tribunale africano per i diritti
dell’Uomo e dei Popoli ha stabilito che il governo del Kenya non sfratti gli Ogiek dalla loro terra, della foresta di Mau.
Secondo il Tribunale africano “là esiste una situazione di estrema gravità e urgenza, e anche il rischio di un danno irreparabile per la comunità degli Ogiek in materia di violazione dei loro
diritti garantiti dalla Carta…”.
Il Tribunale chiede al governo di ripristinare le restrizioni imposte sulla compra-vendita di terra nella foresta Mau e di mantenerle finché non sarà stata raggiunta una decisione sulla
questione.
La notizia è stata accolta con felicità dagli Ogiek, la cui foresta natale è già stata in gran parte distrutta da coloni e taglialegna. “Un altro sospiro di sollievo per i popoli indigeni
dell’Africa” ha detto il portavoce ogiek Joseph Sang. “Siamo tutti a favore di qualunque provvedimento porterà giustizia al popolo degli Ogiek.”
Gli Ogiek sono cacciatori-raccoglitori e la foresta di Mau, con la sua ricca diversità di fauna e prodotti della foresta come il miele selvatico, è di vitale importanza per il loro sostentamento
e la loro sopravvivenza.
Joseph Lesingo, un cacciatore Ogiek, ha raccontato: “In base alla nostra storia, noi siamo gli indigeni della foresta di Mau. Senza foresta non possiamo sopravvivere. Raccogliamo i frutti
spontanei della foresta, nella foresta cerchiamo il miele e cacciamo la selvaggina, e questo è il nostro modo di vivere”.
Secondo il Minority Rights Group, che con il Programma di Sviluppo del popolo Ogiek (OPDP) e il Centro per i Diritti delle Minoranze (CEMIRIDE) ha portato il caso in tribunale, “Questa è la prima
volta che il Tribunale africano, attivo dal 2006, interviene per proteggere i diritti di una comunità indigena”.
15 febbraio 2014 - I funzionari governativi, per
l'ennesima volta, hanno distrutto le abitazioni degli Ogiek nella foresta keniota di Mau, territorio ancestrale della tribù. Gli Ogiek sono tra gli ultimi cacciatori-raccoglitori d’Africa.
Alcuni politici e i loro influenti sostenitori si sono impadroniti della terra degli Ogiek e chiedono che i membri della tribù vengano sfrattati.
Molti di coloro che hanno opposto resistenza sono stati arrestati e imprigionati, alcuni insieme alla proprie giovani famiglie.
Due uomini sono stati costretti a nascondersi perché temevano per la propria incolumità. Due settimane fa, una radio locale ha riferito che la polizia distrettuale aveva ordinato di sparare a uno
degli uomini per aver incitato alla resistenza contro gli sfratti.
Il governo del Kenya continua con gli sfratti, violando i diritti costituzionali degli Ogiek e una sentenza del Tribunale africano per i diritti dell’Uomo e dei Popoli. Nel marzo 2013, infatti,
il tribunale aveva ordinato al governo di fermare gli sfratti della tribù dalle proprie terre ancestrali nella foresta Mau.
Gli Ogiek vengono marginalizzati dal governo ormai da molto tempo. Le violenze, però, sono aumentate dopo le elezioni del 2007, quando alcuni politici avrebbero assegnato la terra della tribù ai
propri sostenitori.
Il governo keniota sta sfrattando illegalmente anche le comunità Sengwer, nelle vicine colline di Cherangany.
31 marzo 2014 - Dopo diciotto anni di
lotta, il tribunale keniota si è finalmente espresso in favore degli Ogiek, una delle ultime tribù di cacciatori-raccoglitori rimaste in Africa.
Circa vent’anni fa centinaia di famiglie ogiek furono sfrattate dalle loro terre ancestrali nella foresta di Mau e oggi il tribunale ha riconosciuto che gli sfratti hanno violato il loro diritto
costituzionale alla vita.
La sentenza ha però sollevato anche alcune preoccupazioni. Il tribunale infatti non ha riconosciuto gli Ogiek come gli abitanti indigeni della foresta di Mau e non ha assicurato che potranno fare
ritorno alle loro terre. La tribù ora deve attendere la decisione della Commissione Territoriale Nazionale.
Inoltre non è ancora chiaro se il Kenya rispetterà la sentenza, dal momento che in passato il governo ha brutalmente ignorato diverse ordinanze emesse dai tribunali.
Nonostante una sentenza ad interim del più importante organismo per i diritti umani in Africa, il Tribunale Africano per i Diritti Umani e dei Popoli, il governo del paese ha infatti continuato a
sfrattare con la forza gli Ogiek. All’inizio dell’anno ha sfrattato anche la tribù confinante dei Sengwer dalla sua terra nelle colline di Cherangany, violando una sentenza della Corte
Suprema.
Le autorità keniote hanno già presentato ricorso al tribunale sostenendo che gli Ogiek non hanno dimostrato che i loro diritti costituzionali sono stati violati.
Intanto il caso degli Ogiek presso il Tribunale Africano per i Diritti Umani e dei Popoli di Arusha procede. Il mese scorso la sentenza è stata rinviata.
29 maggio 2017 - Una sentenza definitiva che può creare uno storico precedente.
La Corte Africana dei Diritti dell'Uomo ha respinto il ricorso dello Stato keniano contro la sentenza in favore dell'etnia degli Ogiek, piccola tribù indigena della foresta di Mau a cui erano state tolte le terre con motivazioni ambientali e che appunto si era appellato al massimo organo competente continentale per le questioni di diritti umani.
In realtà, dopo l'esproprio, poco e nulla è stato fatto per proteggere quelle terre ancestralmente possedute dagli Ogiek, che non potessero fare loro che sono cacciatori e agricoltori e che vivono ancora secondo le loro tradizioni secolari. Anzi, nel corso degli anni alcuni spazi naturali incontaminati sono stati rovinati da insediamenti moderni e costruzioni.
Questa sentenza, oltre a ridare la terra e la dignità ad un popolo dei tanti che ancora resistono alla civilizzazione estrema, costituisce un precedente per tutte le altre piccole etnie e tribù del Kenya, sempre che il Governo del Kenya non decida di ignorarla, sfidando la Corte Africana che sicuramente si rivolgerebbe alla Corte Internazionale di Strasburgo.
Ora anche i Mijikenda, l'etnia composta da nove tribù che vive sulla costa del Kenya, potranno provare ad accampare diritti sulle sue foreste sacre e sulle aree storiche come Kayafungo (vicino a Mariakani), Mepoho Site (a Kaloleni, dove c'è l'albero sacro della profetessa giriama, oggi ridotto a campo di mais e discarica) e le nove Kaya (luoghi di culto e preghiera) di cui una è seriamente minacciata da scavi minerari.
"Chemosit" è un nome alternativo per un
cryptid (criptato, nascosto, segreto) cioè una creatura la cui esistenza è stata suggerita, ma non è stata scoperta e documentata dalla comunità scientifica. I cryptids appaiono
spesso nel folklore e mitologia, portando a storie e credenze infondate circa la loro esistenza.
Un cryptid dell'Africa centrale è noto come l'orso Nandi (dal nome del popolo Nandi del Kenya). Le sue numerose descrizioni variano notevolmente, anche se in definitiva è descritto come
una bestia scimmiesca che condivide anche caratteristiche di altri animali, di solito un orso, ma a volte una iena, oritteropo, o anche gli esseri umani.
Anche se i chemosits sono documentati soprattutto nei racconti delle popolazioni indigene e decine di racconti scritti da coloni britannici ed esploratori durante la prima metà del 20° secolo, i
cryptozoologists moderni continuano a seguire la pista del chemosit.
Molti ricercatori suggeriscono che si adatta alla descrizione fisica di un grande chalicothere, erbivoro, knuckle-walking (forma di quadrupede a piedi in cui gli arti anteriori tengono
le dita in una posizione parzialmente flessa che permette al peso corporeo di premere verso il basso sul terreno attraverso le nocche), che visse durante il periodo Pleistocene inferiore.
Bestia massiccia e irsuta che utilizza avambracci lunghi e muscolosi per alzarsi sulle zampe posteriori e battere il petto come un gorilla. Nonostante la sua posizione di scimmia, ha uno
scheletro molto più pesante e le sue caratteristiche più primitive, il muso possente, stride i canini in modo terribile ed ha una bestiale ferocia. Il ruggito terrificante del chemosit mette a
repentaglio anche l'animo dei più coraggiosi ed influenza la mente di tutte le creature all'interno di uno spazio di 300 metri. La sua mole raggiunge oltre 4 metri di altezza ed un peso superiore
ai 500 chili.
La tribù degli Ogiek utilizza i racconti agghiaccianti del selvaggio quando i loro figli sono giovani. Mentre la maggior parte crede che queste storie detengono un po' di verità, le stesse
possono ben servire a dissuadere i bambini dal vagare troppo lontano dai loro villaggi, altri sanno o dicono di sapere molto di più. Pochi che hanno assistito al lavoro raccapricciante del
chemosit sopravvivono. Cicatrici terribili, sia fisiche che mentali, richiamano o, se si vuol dire,testimoniano la ferocia assoluta della creatura e la sua forza disumana.
Le tribù che vivono in prossimità di chemosits credono che costoro siano l'incarnazione vivente delle divinità adirate o spiriti della natura, e offrono loro sacrifici raccapriccianti. In questi
luoghi, coloro che subiscono gli attacchi della bestia, sono poi spesso accusati loro stessi di violenze e bestialità. In alcune regioni, sciamani maligni capaci di evocare e comandare queste
bestie non ostentano grande potenza e malvagità. Si tratta di una pratica comune per le tribù in guerra che tali sciamani evochino un chemosit per affliggere i villaggi dei loro
nemici.
Wangari Maathai, premio Nobel per la Pace 2004, fondatrice del Green Belt Movement del Kenya, l'organizzazione che dal 1977 lotta contro la desertificazione e per la tutela dell'ambiente in Africa, malata di tumore da lungo tempo, è scomparsa nel settembre 2011 all'età di 71 anni.
Africana, nata a Nyeri, in Kenya, nel 1940, di etnia kikuyu e laureata in scienze biologiche ottenne la cattedra di veterinaria all'università di Nairobi. Donna, ambientalista, piantatrice di alberi e seminatrice di partecipazione e democrazia, visionaria globale ed attivista locale, Wangari Maathai è stata il simbolo poliedrico di una tecnologia tutta africana che fonde tradizione e creatività, intreccia coraggio e buon senso, combina lotta per la sopravvivenza e protagonismo popolare.
Wangari Maathai si è sempre dichiarata pronta a resistere contro ogni progetto di eliminazione di ulteriori foreste in Kenya. La Maathai ebbe a dichiarare che il mantenimento delle foreste
tradizionali deve avere la massima priorità. La deforestazione minaccerebbe l'esistenza stessa di molti popoli nativi del Kenya.
In questo modo gli Ogiek e altre popolazioni di cacciatori e di raccoglitori hanno potuto contare sul sostegno della Maathai nella comune lotta contro l'eliminazione delle proprie foreste. Nonostante le numerose intimidazioni, periodi di detenzione e percosse nelle stazioni di polizia, la Maathai continuò imperterrita nella sua lotta per la democratizzazione del Kenya.
"Dal mio punto di osservazione", dichiarava la Maathai, "nel sud del mondo, vedo impossibile la pace fintantoché una piccolissima fetta dell'umanità, in nome del potere, esercita avidamente il controllo sulle risorse del pianeta e una grandissima parte dell'umanità si prodiga in tutti i modi per la sopravvivenza, anche a costo di farsi la guerra per conquistarsi quel poco che resta. Finché permane questa aberrante asimmetria del controllo, avremo sempre situazioni di conflitti. Se le guerre del presente - sotto le mentite spoglie della lotta al terrorismo - servono ad assicurarsi le fonti energetiche, e le guerre del futuro saranno legate a doppio filo al controllo delle risorse naturali come la terra e l'acqua, la difesa dell'ambiente assume inevitabilmente i contorni preventivi dello sviluppo sostenibile, della promozione economica e sociale, della responsabilizzazione ed occupazione di intere comunità. Del loro progresso umano, nel segno della pace e della democrazia. Insomma, dovremo capire prima o poi che non possiamo vivere senza le altre specie viventi. Siamo in guerra contro la natura, abbiamo scelto di combatterla per controllare le risorse, ma questa scelta è un ineluttabile suicidio. Ci sono abbastanza risorse sulla terra per i bisogni di ciascuno, diceva Gandhi, non per la avidità di ciascuno. Dobbiamo prima di tutto riconoscere che questo ricorso alla violenza non è naturale. La violenza contro l'ambiente, contro le risorse del pianeta, la violenza contro l'Iraq o contro la popolazione dei territori occupati è una scelta precisa. Ma non l'unica scelta."
Vedi anche: La tribù degli Ogiek
GLI AFRICANI E LA BIBBIA
«Già nell'ambiente colonialista era in voga l'abitudine di gettare in mare la Bibbia non appena attraversato il canale di Suez. Pure i missionari, affascinati dal "Continente Nero", non gettavano in mare la Bibbia, ma solo la tonaca.»
«Quando i missionari giunsero, noi africani avevamo la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare ad occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia.»