I cinesi sono arrivati in Africa prima di Vasco da Gama?
26 novembre 2012
I cinesi ne sono convinti e ora cercano le prove: l’ammiraglio Zheng He, eunuco della corte dei Ming, sarebbe sbarcato sulle coste dell’Africa orientale nel 1414/1418, 80 anni prima dell’esploratore portoghese Vasco da Gama.
Nei giorni scorsi sono cominciati gli scavi nella zona di Malindi per localizzare l’antico villaggio del sultano, in un’area dove sono già stati trovati pezzi di porcellane risalenti alla dinastia Ming.
Una scoperta che testimonierebbero l’esistenza di legami commerciali tra la Cina e le città musulmane della costa africana. Il progetto triennale ha un costo di 3,5 milioni di dollari e vede coinvolti esperti kenioti e cinesi sotto la guida dal professore Qin Dashu dell’università di Pechino. Gli archeologi sono intenzionati anche a ritrovare il relitto di una delle navi di Zheng He che sarebbe naufragata al largo dell’isola di Lamu.
Alcuni test effettuati sul DNA delle popolazioni swahili che abitano nel villaggio di Siyu sull'isola di Pate, vicino a Lamu, hanno rivelato tracce di antenati cinesi. L’ipotesi è che i marinai scampati all'affondamento della nave, si siano stabiliti sull'arcipelago, dove si sono sposati e hanno avuto figli, non prima di aver ucciso un pitone che tormentava il villaggio, secondo la leggenda che si è tramandata nei secoli.
Zheng He, conosciuto come il Colombo cinese, era un musulmano il cui nonno servì i mongoli, catturato quando aveva 11 anni fu evirato e portato alla corte di Nanchino, dove grazie alla sua intelligenza finì per divenne consigliere dell’imperatore Yongle. Alla testa di una flotta composta da 300 navi e 28 mila soldati Zheng He compì 7 spedizioni tra il 1405 e il 1433 nell'Asia del sud, in India, Africa e Medio Oriente. Secondo l’inglese Gavin Menzies autore del libro 1421, il Colombo cinese addirittura arrivo in America prima del Colombo genovese, nel 1421 appunto. Un’ipotesi che molti storici hanno rigettato perché ritenuta priva di fondamento.
Nei suoi viaggi l’ammiraglio portava doni da parte dell’imperatore cinese: oro, seta, porcellane e riportava in patria avorio cammelli, zebre. Ma fu una giraffa a fare davvero scalpore a Nanchino. Si narra che fu regalata all'imperatore cinese dal sultano di Malindi, anche se altre versioni della storia dicono che in origine il dono era per il governatore del Bengala il quale a sua volta la fece arrivare a Yongle, suscitando la sua curiosità e il viaggio in Kenya del comandante eunuco.
“Molto di ciò che conosciamo dei primi contatti tra Cina e Africa è stato scritto dagli europei e dagli accademici occidentali”, ha spiegato al The Sunday Times Purity Kiura, capo archeologo del museo nazionale del Kenya, “i quali hanno sempre sostenuto che siano avvenuti attraverso intermediari mediorientali. Se la Cina riesce a dimostrare di avere un legame molto più profondo con l’Africa, rafforzato perfino dal DNA, allora bisognerà rivedere molte convinzioni correnti”.
Un obiettivo che sta molto a cuore alla Cina: Pechino da un decennio è impegnata a conquistare materie prime e nuovi mercati nel continente nero, un’avanzata che spaventa gli occidentali ma che il governo cinese non si stanca di definire pacifica, improntata al mutuo vantaggio, frutto di una lunga storia di relazioni. Cominciate con un eunuco che solcava i mari 600 anni fa.
GLI AFRICANI E LA BIBBIA
«Già nell'ambiente colonialista era in voga l'abitudine di gettare in mare la Bibbia non appena attraversato il canale di Suez. Pure i missionari, affascinati dal "Continente Nero", non gettavano in mare la Bibbia, ma solo la tonaca.»
«Quando i missionari giunsero, noi africani avevamo la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare ad occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia.»